Quando nascono le lavanderie a secco

27.04.2024

Quando nascono le lavanderie a secco

Il processo di lavaggio a secco rappresenta un metodo per detergere tessuti e indumenti senza ricorrere a acqua e detergenti, bensì attraverso l'utilizzo di solventi organici. Tra i solventi più comuni figurano il tetracloroetilene, miscele di idrocarburi e i silossani.

L'origine di questo approccio risale al 1855, quando Jean-Baptiste Jolly inaugurò il primo laboratorio di lavaggio a secco a Parigi. Inizialmente, fino al 1897, veniva impiegata la benzina o altre miscele liquide di idrocarburi leggeri. Successivamente, il tetracloruro di carbonio sostituì la benzina, ma risultò essere più pericoloso per le vie respiratorie. Tra il 1918 e il 1930, il tricloroetilene (o trielina) prese il suo posto, rimanendo in uso fino agli anni '70, quando venne scoperto essere cancerogeno. In seguito, si utilizzarono brevemente i fluoroclorurati (freon), ma a causa del loro contributo al buco nell'ozono, furono banditi nella metà degli anni '90.

Al giorno d'oggi, la maggior parte delle attività nell'ambito del lavaggio a secco fa uso del tetracloroetene, noto anche come percloroetilene, un prodotto impiegato sin dagli anni '50. Si tratta di un solvente clorurato che, oltre a essere nocivo, è considerato sospetto di potenziale cancerogenicità. L'industria sta orientandosi verso l'adozione di solventi meno dannosi, tra cui gli idrocarburi di ultima generazione, l'anidride carbonica liquida e i composti appartenenti alla famiglia dei silossani ciclici.

PROCEDURA

Il funzionamento di una macchina per il lavaggio a secco segue un principio simile a una lavatrice tradizionale, ma con dimensioni maggiori e un sistema a circuito chiuso. La macchina è dotata di un tamburo in cui vengono collocati i capi da lavare, serbatoi per il solvente, filtri, un sistema di distillazione del solvente, pompe, tubi e vari dispositivi. Il processo è più intricato rispetto a quello di una lavatrice convenzionale ad acqua.

Dopo aver caricato gli indumenti nella macchina, chiuso l'oblò e avviato il ciclo, il solvente viene prelevato da uno dei serbatoi e convogliato nella botte. Qui, il solvente circola attraverso dei filtri che trattenengono le particelle di sporco, rimuovendo chimicamente macchie di grasso e altre sostanze solubili. Al termine del lavaggio, il solvente viene trasferito dalla botte a un distillatore, dove viene riscaldato e convertito in vapore. Questo vapore viene poi condensato, separando la frazione pura del solvente dagli eventuali residui di sporco, che rimangono nel distillatore. Il solvente rigenerato viene quindi riportato ai serbatoi, pronto per il prossimo ciclo di lavaggio.

Per massimizzare il recupero del solvente, si applica una fase di centrifugazione seguita da un'asciugatura dei capi. Sono impiegati anche filtri a carbone attivo per trattenere i vapori di solvente nell'aria all'interno della botte al termine del lavaggio.

Il lavaggio con metodo a distillazione continua impiega due o più bagni, con un filtro solvente che rigenera il solvente dopo ogni bagno di lavaggio. Questo metodo, a differenza del lavaggio tradizionale con un solo bagno e un solo filtro, richiede una maggiore manutenzione per garantire l'efficienza della macchina. Durante l'asciugatura a temperature comprese tra i 50 e i 60 gradi Celsius, il recupero ulteriore del solvente avviene mediante gruppi refrigeranti, sfruttando anche la pompa di calore per l'asciugatura (nelle lavatrici a circuito chiuso). In lavatrici a circuito aperto, durante l'asciugatura, i vapori residui di solvente non recuperati vengono eliminati in atmosfera attraverso un radiatore di condensazione alimentato con acqua di rete (questo tipo di macchine è vietato in molti paesi per motivi ambientali).